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Esperimento Carcerario di Stanford di Zimbardo: siamo tutti malvagi?

Di Alessandro Cuminetti 2 commenti

Esperimento carcerario di Stanford: siamo tutti malvagi?
L’esperimento carcerario di Stanford è uno dei famosi esperimenti di psicologia che fa affiorare inquietanti comportamenti della natura umana.

Questo esperimento fa parte delle più famose ricerche sulla psicologia sociale . I migliori esperimenti psicologici si pongono sempre importanti domande sulla natura umana e l’ esperimento carcerario di Stanford nasce dal voler indagare su: che cosa rende una persona malvagia?

Può una persona buona commettere atti malvagi? Qual è il limite attraverso il quale nelle persone si scatena il male? Sono le situazioni in cui veniamo posti che determinano il nostro comportamento?

L’esperimento della prigione di Stanford e il suo ideatore, lo psicologo Zimbardo, 1971, hanno ottenuto risposte inquietanti sul comportamento umano rapportato anche alla malvagità.

Contenuti

  • Esperimento carcerario di Stanford: prigionieri e guardie
  • Esperimento della prigione di Stanford: la rivolta sedata
  • Esperimento carcerario di Stanford: il gioco dei ruoli
  • Esperimento Zimbardo e Rikers Island
  • La cultura popolare e film esperimento carcere

Esperimento carcerario di Stanford: prigionieri e guardie

L’idea esperimento di psicologia sociale era semplice: vedere come gli uomini comuni, scelti tra quelli più sani e “normali” avrebbero risposto ad un cambiamento radicale dei loro ruoli normali nella vita.

Metà diventarono guardie carcerarie, l’altra metà, i loro prigionieri. In questo esperimento non c’erano mezze misure; affinché lo studio potesse essere efficace, doveva avvicinarsi il più possibile all’esperienza reale dei prigionieri e delle guardie. Ora i partecipanti stavano per iniziare un’ esperienza da ricordare!

I “prigionieri” vennero arrestati e prelevati con una macchina della polizia a sirene spiegate, mentre svolgevano le loro attività quotidiane. Poi furono loro rilevate le impronte digitali, furono bendati e messi in una cella, spogliati nudi, perquisiti, disinfestati; Venne loro data una divisa, un numero e fu loro legata una catena a un piede.

Gli altri partecipanti vennero trasformati in guardie e perciò vestiti in uniforme. Una prigione fu ricreata nel seminterrato di un edificio dell’Università di Stanford.

E così l’esperimento ebbe inizio.

Esperimento della prigione di Stanford: la rivolta sedata

Tutto si svolse tranquillamente fino al secondo giorno, dopodiché i “prigionieri” si ribellarono contro la loro carcerazione. La rappresaglia delle guardie fu rapida e brutale: le guardie spogliarono i prigionieri, vennero rimossi i letti dalle celle; i capobanda della ribellione furono sbattuti in isolamento e  tutti i “prigionieri” incominciarono ad essere molestati e picchiati.

Ben presto i “prigionieri” iniziarono a comportarsi con cieca obbedienza verso le guardie carcerarie. Dopo solo pochi giorni, i partecipanti riferirono di sentirsi  come se le loro vecchie identità fossero state cancellate. Erano diventati i numeri che avevano stampato sulle divise. Anche le “guardie”  s’immedesimarono nel ruolo e ben presto iniziarono a schernire e abusare i loro prigionieri.

Lo stesso Philip Zimbardo, caporicercatore, ammise di essersi immerso nel ruolo di “direttore della prigione”. Infatti, Zimbardo in seguito, affermò che uno dei risultati più importanti del suo esperimento fu proprio la sua personale trasformazione in una figura istituzionale rigida; una figura più interessata alla sicurezza della sua prigione piuttosto che al benessere dei suoi partecipanti.

Anche gli altri membri del team degli sperimentatori si calarono nei nuovi ruoli. Craig Haney, come Zimbardo, spiegò che si fece completamente impegnare nelle crisi giornaliere da affrontare e nella gestione della “prigione”, tanto da dimenticare l’obiettivo del loro esperimento.

Esperimento carcerario di Stanford: il gioco dei ruoli

A un certo punto uno dei colleghi di Zimbardo, prese in mano la situazione e bloccò l’esperimento che stava prendendo una brutta piega! L’esperimento della prigione di Stanford durò solo sei giorni dei 14 previsti!

I giovani che precedentemente all’esperimento si erano dichiarati pacifisti, nel loro ruolo di guardie, umiliarono e aggredirono fisicamente e verbalmente i “prigionieri”; alcuni di essi addirittura segnalarono piacere nel farlo.

I “prigionieri”, nel frattempo, cominciarono rapidamente a mostrare i segni classici del crollo emotivo. Cinque dovettero lasciare la “prigione” prima ancora che l’esperimento fosse interrotto prematuramente.

La spiegazione psicologica del comportamento dei partecipanti fu che stavano assumendo i ruoli sociali a loro assegnati e quindi si dovettero adottare delle norme sociali implicite associate a questi ruoli: le guardie dovevano essere autoritarie e commettere abusi sui prigionieri; mentre i detenuti dovevano  diventare servili e prendersi le  loro punizioni!

Inevitabilmente l’esperimento attirò diverse critiche: fu definito immorale. Il campione di persone esaminato era troppo piccolo, evocando la mancanza di validità ecologica. Nonostante queste critiche, è innegabile che l’esperimento fornisca spunti importanti nel comprendere il comportamento umano.

E’ un esperimento che aiuta a spiegare molti abusi che si sono verificati in situazioni come la prigione di Abu Ghraib e aggiungerei purtroppo, quanti ancora se ne verificano senza che noi ne siamo a conoscenza.

Esperimento Zimbardo e Rikers Island

Questo esperimento rispecchia ciò che realmente avviene nelle carceri? E’ possibile. La scrittrice americana Jennifer Wynn ha scritto un libro (purtroppo si trova solo in inglese) “Inside Rikers: Stories from the World’s Largest Penal Colony”, dopo aver intervistato le guardie carcerarie della colonia penale di New York City, Rikers Island.

Un capitano spiega come le guardie diventino immuni ai sensi di colpa che potrebbero derivare dalle violenze inflitte ai detenuti. Alcune guardie non si rendono davvero conto come diventino persone diverse, al lavoro…

I livelli di violenza contro i detenuti erano così alti in un blocco del penitenziario di Rikers, che nel 1995, 12 guardie furono ufficialmente accusate di aver inflitto gravi aggressioni ai prigionieri. Alla fine i detenuti vinsero 1,6 milioni di dollari a titolo di risarcimento.

La cultura popolare e film esperimento carcere

Questo esperimento è ormai così noto che è diventato parte della cultura popolare. È ricordato anche come esperimento di Zimbardo. Ha ispirato un romanzo, Black Box (Das Experiment) di Mario Giordano. Da questo libro venne poi prodotto il film The Experiment-Cercasi cavie umane . L’esperimento è stato l’ispirazione di molte produzioni televisive e spettacoli.

Ecco il trailer del film sull’esperimento in carcere “The Experiment”:

https://www.youtube.com/watch?v=jUBL-1waH9E

Pensate che l’esperimento ha ispirato addirittura il nome di una band alternative-rock americana e il titolo del loro primo album: gli “Stanford Prison Experiment” ! Se conoscete qualche altro gruppo musicale che si è chiamato come un esperimento di psicologia…. scrivetelo nei commenti, sono curioso di saperlo!

Qui puoi trovare un altro dei più noti esperimenti di psicologia sociale chiamato esperimento di Robbers Cave.

Credit image: dotpitch

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Info Alessandro Cuminetti

Sono un papà. Provo a fare il ciclista amatore, amo la schiettezza, la SEO e le sue sfide, la natura da vivere e lavorare divertendomi. Il mio ideale di vita? Ci sto lavorando, per ora è un segreto! Un sorriso costa meno della corrente elettrica, ma dà più luce.

Commenti

  1. Avatar for Alessandro Cuminettiadmin dice

    1 Febbraio 2014 alle 16:39

    Grazie per la segnalazione e devo dire che hai fatto una bella recensione del film 😉

    Rispondi
    • Avatar for Alessandro CuminettiEliana dice

      3 Febbraio 2014 alle 03:58

      Grazie, posso dire lo stesso del tuo post, per questo l’ho segnalato!:)

      Rispondi

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